giovedì 4 febbraio 2016

Storia degli Hammers (seconda parte)

Nessun’altra squadra ha mai avuto un’influenza così grande sulla cultura dei propri tifosi… e pensare che stiamo parlando di un club di modestissima tradizione, soprattutto se paragonato alle vere grandi d’Inghilterra! I Cockney Rejects suonano esibendo una bandiera rossa, sulla quale c’è la Union Jack sormontata dai due martelli del club e dalla scritta West Side (il settore che ospita l’ICF). I Cock Sparrer invece pubblicano le foto degli ultrà del West Ham nelle copertine dei propri dischi. I The Business stampano i martelli del logo del club sul proprio merchandising, mentre i musicisti di altre bands, come i Last Resort, si “limitano” a fare concerti indossando la maglia della squadra. Il connubio tra il West Ham e questo colorito scenario è talmente famoso che arriva persino a New York, dove la locale scena Hardcore Punk usa firmarsi con una X, ripresa direttamente dai due martelletti incrociati nello stemma della squadra! A livello locale, la rivalità più forte è coi tifosi del Millwali, in quanto dirimpettai, e con quelli del Chelsea, in quanto rappresentanti della ricca borghesia. Non che con gli altri clubs vada meglio: Tottenham e Arsenal a Londra hanno un seguito ampio e quindi minaccioso, per non parlare delle due squadre di Manchester e di Newcastle, Leeds, Leicester e Birmingham. I veri guai cominciano quando una frangia di skinhead vira politicamente verso destra, provocando una risposta diametralmente opposta in un’altra fetta del pubblico fedele agli Hammers. Accentuati dalla politica, gli scontri diventano sempre più violenti. L’episodio chiave è quello dell’Homborough Tavern, a Southall, quartiere asiatico di Londra. Tra gli immigrati pakistani, si sparge la voce che il concerto è stato organizzato da neonazisti. Benché la maggior parte dei presenti sia invece composta da skinheads apolitici (come la maggioranza di chi tifa West Ham), si sfiora il linciaggio, con tanto di lancio di molotov. Da quel momento, parte la caccia alle streghe e il movimento si sfalda: i tifosi sono guardati a vista negli stadi e i gruppi musicali (compresi quelli con musicisti di colore, tipo gli Specials!) sono nel mirino della censura per possibili atteggiamenti razzisti. Il BNP (British National Party, il partito neonazista britannico), sfrutta la svolta a destra per infiltrarsi nelle curve in cerca di adepti. Gli Hammers non si fanno sedurre, anche perché molti dei capi sono immigrati di prima o seconda generazione, ma tra altre tifoserie (in primis quella del Chelsea) capita l’esatto contrario. Tracce di queste divisioni ideologiche sono vive ancora oggi. Andare a Upton Park o aggirarsi dalle parti della Green Road con i colori sbagliati non è un azione molto saggia. In alcuni pub (soprattutto il Duke of Edinburgh e il Boleyn Tavern, ritrovi degli Hammers) i cartelli all’ingresso recitano in tono chiaro e minaccioso: “No away supporters”, cioè: “Divieto d’accesso ai tifosi ospiti”. Lascito più accettabile di quel periodo è la Dr. Martens Stand (cioè il settore di Boleyn dove tuttora si ritrovano i nostalgici dell’era Oi!), intitolato all’azienda che, oltre a fare fortuna vendendo anfibi, in passato è stata anche sponsor del club.


By Andrea lacazzi (titolare Walk On)