lunedì 14 novembre 2016

Aliphonic, meglio di tre, anzi quattro Ceres!

Gorfigliano 15 Agosto 2016:
Ti siedi, sei convinto di assistere al solito "concertino" di paese con quei tre sfigati che saliranno sul palco, "butti" giù 3 Ceres per affogare quella che sarà una noia totale, tra l'altro alleviando le stonature che quei principianti faranno fare ai propri strumenti; chi cazzo te lo ha fatto fare di venire qui, in questo paese di montagna ad ascoltare musica? E allora dai, che le Ceres siano quattro! Tuttavia il palco è colmo di strumenti, casse, tastiere e sinth.
"Ma dove vuoi che vadano quei tre lì, hai visto che facce hanno?"
...Eccoli, salgono sul palco: Lorenzo Busti si posiziona al basso, Alessandro Vanni si siede alla batteria, Andrea Canini prende una Telecaster. Le luci si spengono e lo spettacolo ha inizio senza presentazioni di nessun tipo...
"Bha, che modo è questo? Chi si crederanno di essere?"
...Gli Aliphonic sono qualcosa di diverso dalle altre band emergenti che hanno fatto tappa a Gorfigliano, sono qualcosa che questo paese non ha mai sentito. E’ forse questo l’aggettivo giusto: diversi; imprevedibili. Si tratta di un progetto partito da pochi mesi che ha coinvolto ragazzi brillanti e consapevoli di ciò che stanno facendo. Il nome della band nasce per scherzo, come quasi tutte le cose serie, del resto. In particolare si scherza sul presunto passaggio di un’ambulanza per cani. Cosa sarà mai scritto sul cofano, se non “CINOFILA”? E siccome sulle ambulanze è tutto scritto al contrario in modo che si possa leggere dallo specchietto, ecco che salta fuori il nome, che adattato un po’ al mondo della musica, diventa “ALIPHONIC”.Gli Aliphonici sono riusciti a portare un’emozione che non si sentiva da tempo. Per tutto il concerto l’attenzione è in una sola direzione. Tutti attaccati a un filo. C’era una strana sintonia (elettrica direi) che legava tutti i presenti. La scelta dei pezzi da suonare avviene in gran parte per necessità: i ragazzi provano da poco, alcuni meccanismi devono ancora essere oliati per bene. Viene seguito però un’apparente filo logico: si rilegge la storia del rock al contrario: partendo dalle sonorità moderne dei Muse, passando per i Pink Floyd, i Jet, una base blues (sulla quale Andrea Canini fa crepare le vetrate circostanti lanciandosi in un potente assolo), una rivisitazione di Battiato ( sì, avete capito bene) e per finire veniamo catapultati negli anni cinquanta, precisamente ad uno show di Chuck Berry. Tra una canzone e l’altra c’è tempo solo per cambiare strumenti: niente parole, niente interazione con il pubblico. Si suona e basta. La musica è al centro, è l’unica cosa che conta. Chi suona non viene presentato. Forse è giusto così: la musica non è di nessuno, è migliaia di chilometri sopra di noi, non è di questo mondo. Si rinuncia a se stessi quando si sale su un palco e si fa’ musica. Lo spettacolo si chiude con “Impressioni di Settembre”, brano storico della PFM, che a detta dei membri del gruppo, è la più grande canzone rock nata dal Bel Paese e perciò fa parte della nostra cultura... In realtà la presentazione c’è. Come già detto siamo davanti ad una band che non si identifica con nessun tipo di schema prestabilito, sono diversi da tutto ciò che è già visto, sono unici.
La presentazione si fa alla fine. ...
"Quei 3 ragazzi non sono presuntuosi, tutt'altro, portano solamente rispetto alla musica"